L’ultima riga di codice è più di un romanzo. È un thriller tecnologico e apocalittico, un viaggio psicologico, una narrazione di fantapolitica che sfida ogni definizione. Un’esperienza intensa, senza tregua, capace di sorprendere e inquietare, di accendere il pensiero e di commuovere.
Xavier, genio informatico e rifugiato volontario in un paradiso tropicale, vede il suo universo collassare. La rete crolla. La civiltà vacilla. La paura si insinua ovunque. Le sue figlie sono lontane - separate dalla distanza, dalle scelte, dalle omissioni. Ora, deve lottare per loro e per ciò che resta di sé. Dalla Polinesia alle Alpi francesi, si ritrovano in una corsa contro il tempo. Quindici ore. Quindici fusi orari. Una guerra informatica capace di riscrivere gli equilibri globali.
Personaggi complessi, ambigui, mossi da ideali, ossessioni, amore, rabbia, perdono. Al centro, un sistema che li divora. Una tecnologia che li rende potenti e vulnerabili. Schiavi e padroni delle loro creazioni.
Tre uomini. Tre padri. Tre visioni opposte e identiche. Ognuno spinto dalla stessa urgenza: proteggere i propri figli, le proprie idee, il proprio mondo. C’è chi è disposto a tutto pur di salvare ciò che ama, chi cerca vendetta, chi sogna un futuro purificato.
Tre donne. Tre vite. Tre sogni intrecciati da un legame invisibile.
Tra giusto e sbagliato, tra sacrificio e ossessione, si gioca il destino di tutti.
Un libro che trascina, scuote, commuove.
Leggetelo. Lascerà il segno.
Estratto.
La Paura
Luogo: Pakistan, montagne del Sulaiman
Ora locale: 16:15 UTC+5
Trenta minuti dopo il giudizio.
«Sequenza di lancio confermata.»
Il bunker puzzava di ferro e cemento bagnato, gli schermi spenti saturavano l’aria di muffa e rassegnazione. L’ordine era stato eseguito, anche se nulla aveva senso. Amir, aveva digitato i codici, senza discutere, come un automa. Lui, unico ingranaggio non inceppato in quel meccanismo di morte. Ora fissava il vuoto davanti a sé, consapevole che non ci sarebbe stata salvezza, né possibilità di redenzione. La rappresaglia indiana sarebbe stata inevitabile e quelle mura non avrebbero retto, nulla avrebbe retto.
Incrociò lo sguardo di Farooq. Lo stesso terrore. Non solo per l’apocalisse che avevano scatenato, ma per la certezza che per loro non ci fosse più un futuro. Nessuno sarebbe sopravvissuto.
Amir sentiva il battito nel petto, nelle tempie, nei polsi; solo il lampeggio sommesso di un pannello fuori uso e il respiro affannato di Farooq riempivano la stanza. Le labbra si mossero, senza voce. «Allah, abbi pietà di noi.» Una preghiera sussurrata da un cuore troppo pieno di terrore per articolare parole.
«Revocare immediatamente» ordinò una voce decisa dall’altra parte della linea.
Amir si aggrappò alla cornetta. «Confermate, per favore.»
«Confermiamo. Distruggete il missile.»
Seguirono una serie di codici, pronunciati con una fretta che ne tradiva l’urgenza.
Amir li digitò senza esitare.
Nulla.
«Il sistema non risponde» urlò.
«Riprovate» incalzò la voce al telefono.
Amir digitò nuovamente la sequenza.
«Il missile non riceve i comandi. Le linee satellitari sono compromesse.»
Amir si lasciò cadere sul tavolo, le mani sul viso, le dita affondate nella carne. «Allah, perdonaci, a Te ritorniamo.»
Dall’altra parte del confine, in una base identica, uomini di un’altra fede, con lo stesso terrore negli occhi, tentavano disperatamente di revocare la risposta nucleare. I loro comandi incontravano la stessa resistenza. I loro tentativi erano vani… ma la loro arma no.
E così, a chilometri di distanza, in un tempo troppo breve persino per un’ultima implorazione, due luci oscurarono il sole. Prima una, poi l’altra, lasciando dietro di loro, solo polvere e preghiere ridotte in cenere.
Poi, tutto tacque per sempre.
La paura aveva parlato. La paura aveva deciso. E, come sempre, non aveva lasciato nulla dietro di sé.
